CITTA’ DEL VATICANO
l’Espresso
George Pell è il braccio destro di di Papa Francesco. Ma l’arresto per pedofilia dell’ex vescovo polacco Wesolowsky sta facendo traballare la sua poltrona. Viste le sue implicazioni in diverse inchieste legate agli abusi sessuali
DI EMILIANO FITTIPALDI
Dopo l’arresto per pedofilia dell’ex vescovo Josef Wesolowski, in Vaticano la tensione è altissima. Soprattutto per i vertici della gerarchia ecclesiastica implicati, in qualche modo, in alcune inchieste sulla pedofilia. A tremare per la sua poltrona è innanzitutto George Pell, cardinale australiano membro del C9 (il gruppo di porporati che consiglia il papa nel governo della chiesa) e nominato pochi mesi fa prefetto della Segreteria dell’Economia, sorta di superministero delle finanze vaticane.
Pell un mese fa è stato interrogato dalla Commissione d’inchiesta sulla pedofilia voluto dal governo di Canberra, su alcune decisioni prese quando era arcivescovo di Melburne e di Sydney. Ma i giudici federali lo hanno interrogato soprattutto sul discusso schema di risarcimento da lui introdotto a partire dal 1996, il cosiddetto “Melbourne Reponse”. Secondo molti studiosi e opinionisti, in realtà, un sistema «progettato per controllare le vittime e proteggere la Chiesa». Se alcuni parenti di bimbi abusati hanno definito a verbale il cardinale un «sociopatico», la studiosa Judy Courtin ha spiegato che le scelte di Pell erano volte a «minimizzare i reati, occultare la verità, manipolare e intimidire le vittime».
Pell – che qualche anno fa è stato assolto per mancanza di prove da un’accusa di molestie su un bambino di 12 anni – ha risposto alle domande giudici con una frase choc, spiegando che la Chiesa non ha responsabilità legali. Per difendersi, ha confrontato i preti pedofili a camionisti che molestano autostoppiste: «Non credo che la compagnia di trasporti possa essere responsabile delle azioni dei suoi camionisti».
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