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L'era Dei Segreti Sotto IL Regno Di Marcinkus, «banchiere Di Dio» Corriere Della Sera September 24, 2010 http://archiviostorico.corriere.it/2010/settembre/22/era_dei_segreti_sotto_regno_co_8_100922016.shtml La didascalia annuncia sorniona «il risveglio del dragone»: e in foto lui non sorride, fa una smorfia, perche e un tipo riservato, con relazioni oculate e vaste - dall' Opus Dei al cardinal Bertone e a Giulio Tremonti - ma forse anche perche conosce il senso dei presagi, sa che certe volte la cronaca gioca a rimpiattino con la storia. Sicche adesso, tra i guai piovuti come una perturbazione degli anni Ottanta sul suo Ior - la banca «dei preti e dei massoni» nei giorni cupi della P2 e dell' Ambrosiano - quella foto e quella didascalia, pur estranee (si riferiscono alla presentazione di un libro sull' economia cinese, da cui il dragone), assumono altro sapore e colore. Perche, se la Procura non ha preso una cantonata, dall' altra parte del Tevere, nell' impenetrabile torre del Quattrocento edificata da Niccolo V e sede dell' Istituto, potrebbe agitarsi sul serio un vecchio drago che forse non s' e mai assopito davvero, e lui, Ettore Gotti Tedeschi, potrebbe stargli seduto da un anno sulla coda. Dicono che il Vaticano punti alla white list, a stare nell' elenco dei virtuosi contro il crimine economico, e tuttavia in queste ore si evoca l' incubo polveroso della finanza opaca, in perfetta sintonia con le tradizioni di una banca che nella storia ha fatto della segretezza il suo principale appeal. «Sono amareggiato e umiliato», fa sapere il presidente inquisito, ed e comprensibile, perche i giochi di rimando sono ingiusti ma inevitabili, perche e storia lunga quanto scura questa dell' Istituto per le Opere Religiose, erede della Commissione Ad Pias Causas fondata da Leone XIII nel 1887. Pio XI affidera poi la Commissione a un laico esperto, Bernardino Nogara, e quello accettera a condizione che qualsiasi investimento «sia libero da considerazioni religiose o dottrinali». Quando, decenni piu tardi, il timone nel nuovo istituto, lo Ior, passa nelle mani di Paul Marcinkus, i precetti di Nogara vengono, per cosi dire, enfatizzati... «Non si governa la Chiesa con un' Avemaria», amera dire brutalmente il monsignore golfista, donnaiolo e gran fumatore di «avana», nato nei sobborghi di Chicago ed entrato prima nelle simpatie di papa Montini, poi in quelle, per lui decisive, di Wojtyla, e rimasto cosi a capo delle finanze vaticane dal 1971 al 1989. Riaprire le pagine dell' era Marcinkus significa rileggere una summa degli intrighi italiani a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, dal crollo dell' Ambrosiano in una voragine di 1.800 miliardi (vecchie lire) agli affari mafiosi di Michele Sindona e dei colletti bianchi di Cosa Nostra, dai finanziamenti occulti a Solidarnosc per la resistenza anticomunista agli investimenti nei paradisi offshore, dai rapporti con Noriega a quelli coi contras antisandinisti, con Gelli, Ortolani e perfino con la banda della Magliana, insomma e come tenere davanti agli occhi un caleidoscopio di intrighi, scalate e guerre, faccendieri e intrallazzatori (alcuni dei quali intramontabili come Flavio Carboni), un mix assolutamente lontano dalle pie cause. In un intervento memorabile, che gli costo solitudine ed emarginazione nel suo stesso mondo, il cattolico Nino Andreatta, ministro del Tesoro, chiese a Giovanni Paolo II di riconoscere le colpe dello Ior nella bancarotta e nella spoliazione del Banco Ambrosiano e di porvi riparo. In una deposizione davanti al tribunale di Londra, Anna Calvi, figlia di Roberto, racconto di aver visto il padre nove giorni prima che finisse impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri: «Mi parlo di un grosso affare per risolvere i problemi del Vaticano, mi disse che qualcuno doveva ripagargli un debito e che l' Opus Dei stava per farlo... per quella somma di danaro, mi disse, c' e chi puo uccidere». A fronte di migliaia di pagine di atti giudiziari, la Chiesa non ha ammesso mai le responsabilita dello Ior (pur restituendo ai creditori 250 milioni di dollari, piccola parte dei soldi svaniti nel crac) e ha continuato a difendere Marcinkus da inchieste e richieste d' arresto: e tuttavia al sacco della banca di Calvi e alla terribile fine del suo devoto banchiere e legata gran parte dell' antica immagine dell' Istituto vaticano. Le cose potrebbero cambiare nell' 89, quando (forse non casualmente alla fine della guerra fredda) Marcinkus viene rimosso e spedito in esilio in Arizona (dove morira nel 2006). Alla guida dell' Istituto arriva un galantuomo, Angelo Caloia, vicino al cardinal Martini e amico di Giovanni Bazoli. Ma Caloia, molto esibito all' esterno come prova del nuovo corso, viene molto ostacolato all' interno. Deve ingaggiare una sua guerra personale con monsignor Donato De Bonis («Donatino», per Cossiga e gli altri big della vecchia Dc) nel tentativo di modernizzare la banca. «Prima con lui e ora con Gotti Tedeschi c' e stata una lenta ma progressiva emersione dall' opacita», dice Giancarlo Galli, autore di un libro importante, «Finanza bianca». Gli scandali continuano in verita ad accompagnare lo Ior, dai 108 milioni del tangentone Enimont piovuti nelle casse dell' istituto nel ' 93 alle incursioni di Fiorani e dei suoi furbetti (l' ex governatore di Bankitalia, Fazio, sognera fino all' ultimo di prendere il posto di Caloia); persino il clan di Moggi e la cricca di Balducci non resistono all' attrazione delle segrete casse vaticane. E tuttavia il cambiamento continua. A Caloia non succede Fazio ma Gotti Tedeschi, plenipotenziario del Santander, consulente nell' enciclica Caritas in veritate di Ratzinger, colto, schivo, «parla tanto per dire il meno possibile», sussurrano gli amici. E il 2009. «Lui ha dall' Opus Dei il mandato di dimostrare che i soldi non sono per forza sterco del demonio, possono essere buon concime», sorride Galli. Se e bastato questo per far infuriare il vecchio drago nella torre di Niccolo V, lo vedremo presto. Goffredo Buccini RIPRODUZIONE RISERVATA |
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