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  Scandali, Affari E Misteri Tutti I Segreti Dello Ior

By Curzio Maltese
La Repubblica
January 26, 2008

http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/chiesa-commento-mauro/segreti-ior/segreti-ior.html

LA CHIESA cattolica è l'unica religione a disporre di una dottrina sociale, fondata sulla lotta alla povertà e la demonizzazione del danaro, "sterco del diavolo". Vangelo secondo Matteo: "E' più facile che un cammello passi nella cruna dell'ago, che un ricco entri nel regno dei cieli". Ma è anche l'unica religione ad avere una propria banca per maneggiare affari e investimenti, l'Istituto Opere Religiose.

La sede dello Ior è uno scrigno di pietra all'interno delle mura vaticane. Una suggestiva torre del Quattrocento, fatta costruire da Niccolò V, con mura spesse nove metri alla base. Si entra attraverso una porta discreta, senza una scritta, una sigla o un simbolo. Soltanto il presidio delle guardie svizzere notte e giorno ne segnala l'importanza. All'interno si trovano una grande sala di computer, un solo sportello e un unico bancomat. Attraverso questa cruna dell'ago passano immense e spesso oscure fortune. Le stime più prudenti calcolano 5 miliardi di euro di depositi. La banca vaticana offre ai correntisti, fra i quali come ha ammesso una volta il presidente Angelo Caloia "qualcuno ha avuto problemi con la giustizia", rendimenti superiori ai migliori hedge fund e un vantaggio inestimabile: la totale segretezza. Più impermeabile ai controlli delle isole Cayman, più riservato delle banche svizzere, l'istituto vaticano è un vero paradiso (fiscale) in terra. Un libretto d'assegni con la sigla Ior non esiste. Tutti i depositi e i passaggi di danaro avvengono con bonifici, in contanti o in lingotti d'oro. Nessuna traccia.

l'Istituto Opere Religiose.

Da vent'anni, quando si chiuse il processo per lo scandalo del Banco Ambrosiano, lo Ior è un buco nero in cui nessuno osa guardare. Per uscire dal crac che aveva rovinato decine di migliaia di famiglie, la banca vaticana versò 406 milioni di dollari ai liquidatori. Meno di un quarto rispetto ai 1.159 milioni di dollari dovuti secondo l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta. Lo scandalo fu accompagnato da infinite leggende e da una scia di cadaveri eccellenti. Michele Sindona avvelenato nel carcere di Voghera, Roberto Calvi impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, il giudice istruttore Emilio Alessandrini ucciso dai colpi di Prima Linea, l'avvocato Giorgio Ambrosoli freddato da un killer della mafia venuto dall'America al portone di casa.

Senza contare il mistero più inquietante, la morte di papa Luciani, dopo soli 33 giorni di pontificato, alla vigilia della decisione di rimuovere Paul Marcinkus e i vertici dello Ior. Sull'improvvisa fine di Giovanni Paolo I si sono alimentate macabre dicerie, aiutate dalla reticenza vaticana. Non vi sarà autopsia per accertare il presunto e fulminante infarto e non sarà mai trovato il taccuino con gli appunti sullo Ior che secondo molti testimoni il papa portò a letto l'ultima notte.

Era lo Ior di Paul Marcinkus, il figlio di un lavavetri lituano, nato a Cicero (Chicago) a due strade dal quartier generale di Al Capone, protagonista di una delle più clamorose quanto inspiegabili carriere nella storia recente della chiesa. Alto e atletico, buon giocatore di baseball e golf, era stato l'uomo che aveva salvato Paolo VI dall'attentato nelle Filippine. Ma forse non basta a spiegare la simpatia di un intellettuale come Montini, autore della più avanzata enciclica della storia, la Populorum Progressio, per questo prete americano perennemente atteggiato da avventuriero di Wall Street, con le mazze da golf nella fuoriserie, l'Avana incollato alle labbra, le stupende segreterie bionde e gli amici di poker della P2.

Con il successore di papa Luciani, Marcinkus trova subito un'intesa. A Karol Wojtyla piace molto quel figlio di immigrati dell'Est che parla bene il polacco, odia i comunisti e sembra così sensibile alle lotte di Solidarnosc. Quando i magistrati di Milano spiccano mandato d'arresto nei confronti di Marcinkus, il Vaticano si chiude come una roccaforte per proteggerlo, rifiuta ogni collaborazione con la giustizia italiana, sbandiera i passaporti esteri e l'extraterritorialità. Ci vorranno altri dieci anni a Woytjla per decidersi a rimuovere uno dei principali responsabili del crac Ambrosiano dalla presidenza dello Ior. Ma senza mai spendere una parola di condanna e neppure di velata critica: Marcinkus era e rimane per le gerarchie cattoliche "una vittima", anzi "un'ingenua vittima".

Dal 1989, con l'arrivo alla presidenza di Angelo Caloia, un galantuomo della finanza bianca, amico e collaboratore di Gianni Bazoli, molte cose dentro lo Ior cambiano. Altre no. Il ruolo di bonificatore dello Ior affidato al laico Caloia è molto vantato dalle gerarchie vaticane all'esterno quanto ostacolato all'interno, soprattutto nei primi anni. Come confida lo stesso Caloia al suo diarista, il giornalista cattolico Giancarlo Galli, autore di un libro fondamentale ma introvabile, Finanza bianca (Mondadori, 2003). "Il vero dominus dello Ior - scrive Galli - rimaneva monsignor Donato De Bonis, in rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. E poi aristocratici, finanzieri, artisti come Sofia Loren. Questo spiegherebbe perché fra i conti si trovassero anche quelli di personaggi che poi dovevano confrontarsi con la giustizia. Bastava un cenno del monsignore per aprire un conto segreto".

A volte monsignor De Bonis accompagnava di persona i correntisti con i contanti o l'oro nel caveau, attraverso una scala, in cima alla torre, "più vicino al cielo". I contrasti fra il presidente Caloia e De Bonis, in teoria sottoposto, saranno frequenti e duri. Commenta Giancarlo Galli: "Un'aurea legge manageriale vuole che, in caso di conflitto fra un superiore e un inferiore, sia quest'ultimo a soccombere. Ma essendo lo Ior istituzione particolarissima, quando un laico entra in rotta di collisione con una tonaca non è più questione di gradi".

La glasnost finanziaria di Caloia procede in ogni caso a ritmi serrati, ma non impedisce che l'ombra dello Ior venga evocata in quasi tutti gli scandali degli ultimi vent'anni. Da Tangentopoli alle stragi del '93 alla scalata dei "furbetti" e perfino a Calciopoli. Ma come appare, così l'ombra si dilegua. Nessuno sa o vuole guardare oltre le mura impenetrabili della banca vaticana.

L'autunno del 1993 è la stagione più crudele di Tangentopoli. Subito dopo i suicidi veri o presunti di Gabriele Cagliari e di Raul Gardini, la mattina del 4 ottobre arriva al presidente dello Ior una telefonata del procuratore capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli: "Caro professore, ci sono dei problemi, riguardanti lo Ior, i contatti con Enimont...". Il fatto è che una parte considerevole della "madre di tutte le tangenti", per la precisione 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, è transitata dallo Ior. Sul conto di un vecchio cliente, Luigi Bisignani, piduista, giornalista, collaboratore del gruppo Ferruzzi e faccendiere in proprio, in seguito condannato a 3 anni e 4 mesi per lo scandalo Enimont e di recente rispuntato nell'inchiesta "Why Not" di Luigi De Magistris. Dopo la telefonata di Borrelli, il presidente Caloia si precipita a consulto in Vaticano da monsignor Renato Dardozzi, fiduciario del segretario di Stato Agostino Casaroli. "Monsignor Dardozzi - racconterà a Galli lo stesso Caloia - col suo fiorito linguaggio disse che ero nella merda e, per farmelo capire, ordinò una brandina da sistemare in Vaticano. Mi opposi, rispondendogli che avrei continuato ad alloggiare all'Hassler. Tuttavia accettai il suggerimento di consultare d'urgenza dei luminari di diritto. Una risposta a Borrelli bisognava pur darla!". La risposta sarà di poche ma definitive righe: "Ogni eventuale testimonianza è sottoposta a una richiesta di rogatoria internazionale".

I magistrati del pool valutano l'ipotesi della rogatoria. Lo Ior non ha sportelli in terra italiana, non emette assegni e, in quanto "ente fondante della Città del Vaticano", è protetto dal Concordato: qualsiasi richiesta deve partire dal ministero degli Esteri. Le probabilità di ottenere la rogatoria in queste condizioni sono lo zero virgola. In compenso l'effetto di una richiesta da parte dei giudici milanesi sarebbe devastante sull'opinione pubblica. Il pool si ritira in buon ordine e si accontenta della spiegazione ufficiale: "Lo Ior non poteva conoscere la destinazione del danaro".

Il secondo episodio, ancora più cupo, risale alla metà degli anni Novanta, durante il processo per mafia a Marcello Dell'Utri. In video conferenza dagli Stati Uniti il pentito Francesco Marino Mannoia rivela che "Licio Gelli investiva i danari dei corleonesi di Totò Riina nella banca del Vaticano". "Lo Ior garantiva ai corleonesi investimenti e discrezione". Fin qui Mannoia fornisce informazioni di prima mano. Da capo delle raffinerie di eroina di tutta la Sicilia occidentale, principale fonte di profitto delle cosche. Non può non sapere dove finiscono i capitali mafiosi. Quindi va oltre, con un'ipotesi. "Quando il Papa (Giovanni Paolo II, ndr) venne in Sicilia e scomunicò i mafiosi, i boss si risentirono soprattutto perché portavano i loro soldi in Vaticano. Da qui nacque la decisione di far esplodere due bombe davanti a due chiese di Roma". Mannoia non è uno qualsiasi.

E' secondo Giovanni Falcone "il più attendibile dei collaboratori di giustizia", per alcuni versi più prezioso dello stesso Buscetta. Ogni sua affermazione ha trovato riscontri oggettivi. Soltanto su una non si è proceduto ad accertare i fatti, quella sullo Ior. I magistrati del caso Dell'Utri non indagano sulla pista Ior perché non riguarda Dell'Utri e il gruppo Berlusconi, ma passano le carte ai colleghi del processo Andreotti. Scarpinato e gli altri sono a conoscenza del precedente di Borrelli e non firmano la richiesta di rogatoria. Al palazzo di giustizia di Palermo qualcuno in alto osserva: "Non ci siamo fatti abbastanza nemici per metterci contro anche il Vaticano?".

Sulle trame dello Ior cala un altro sipario di dieci anni, fino alla scalata dei "furbetti del quartierino". Il 10 luglio dell'anno scorso il capo dei "furbetti", Giampiero Fiorani, racconta in carcere ai magistrati: "Alla Bsi svizzera ci sono tre conti della Santa Sede che saranno, non esagero, due o tre miliardi di euro". Al pm milanese Francesco Greco, Fiorani fa l'elenco dei versamenti in nero fatti alle casse vaticane: "I primi soldi neri li ho dati al cardinale Castillo Lara (presidente dell'Apsa, l'amministrazione del patrimonio immobiliare della chiesa, ndr), quando ho comprato la Cassa Lombarda. M'ha chiesto trenta miliardi di lire, possibilmente su un conto estero".

Altri seguiranno, molti a giudicare dalle lamentele dello stesso Fiorani nell'incontro con il cardinale Giovanni Battista Re, potente prefetto della congregazione dei vescovi e braccio destro di Ruini: "Uno che vi ha sempre dato i soldi, come io ve li ho sempre dati in contanti, e andava tutto bene, ma poi quando è in disgrazia non fate neanche una telefonata a sua moglie per sapere se sta bene o male".

Il Vaticano molla presto Fiorani, ma in compenso difende Antonio Fazio fino al giorno prima delle dimissioni, quando ormai lo hanno abbandonato tutti. Avvenire e Osservatore Romano ripetono fino all'ultimo giorno di Fazio in Bankitalia la teoria del "complotto politico" contro il governatore. Del resto, la carriera di questo strano banchiere che alle riunioni dei governatori centrali non ha mai citato una volta Keynes ma almeno un centinaio di volte le encicliche, si spiega in buona parte con l'appoggio vaticano. In prima persona di Camillo Ruini, presidente della Cei, e poi di Giovanni Battista Re, amico intimo di Fazio, tanto da aver celebrato nel 2003 la messa per il venticinquesimo anniversario di matrimonio dell'ex governatore con Maria Cristina Rosati.

Naturalmente neppure i racconti di Fiorani aprono lo scrigno dei segreti dello Ior e dell'Apsa, i cui rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali in giro per il mondo sono quantomeno singolari. E' difficile per esempio spiegare con esigenze pastorali la decisione del Vaticano di scorporare le Isole Cayman dalla naturale diocesi giamaicana di Kingston, per proclamarle "missio sui iuris" alle dirette dipendenze della Santa Sede e affidarle al cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio dello Ior.

Il quarto e ultimo episodio di coinvolgimento dello Ior negli scandali italiani è quasi comico rispetto ai precedenti e riguarda Calciopoli. Secondo i magistrati romani Palamara e Palaia, i fondi neri della Gea, la società di mediazione presieduta dal figlio di Moggi, sarebbero custoditi nella banca vaticana. Attraverso i buoni uffici di un altro dei banchieri di fiducia della Santa Sede dalla fedina penale non immacolata, Cesare Geronzi, padre dell'azionista di maggioranza della Gea. Nel caveau dello Ior sarebbe custodito anche il "tesoretto" personale di Luciano Moggi, stimato in 150 milioni di euro. Al solito, rogatorie e verifiche sono impossibili. Ma è certo che Moggi gode di grande considerazione in Vaticano. Difeso dalla stampa cattolica sempre, accolto nei pellegrinaggi a Lourdes dalla corte di Ruini, Moggi è da poco diventato titolare di una rubrica di "etica e sport" su Petrus, il quotidiano on-line vicino a papa Benedetto XVI, da dove l'ex dirigente juventino rinviato a giudizio ha subito cominciato a scagliare le prime pietre contro la corruzione (altrui).

Con l'immagine di Luciano Moggi maestro di morale cattolica si chiude l'ultima puntata dell'inchiesta sui soldi della Chiesa. I segreti dello Ior rimarranno custoditi forse per sempre nella torre-scrigno. L'epoca Marcinkus è archiviata ma l'opacità che circonda la banca della Santa Sede è ben lontana dallo sciogliersi in acque trasparenti. Si sa soltanto che le casse e il caveau dello Ior non sono mai state tanto pingui e i depositi continuano ad affluire, incoraggiati da interessi del 12 per cento annuo e perfino superiori. Fornire cifre precise è, come detto, impossibile. Le poche accertate sono queste. Con oltre 407 mila dollari di prodotto interno lordo pro capite, la Città del Vaticano è di gran lunga lo "stato più ricco del mondo", come si leggeva nella bella inchiesta di Marina Marinetti su Panorama Economy. Secondo le stime della Fed del 2002, frutto dell'unica inchiesta di un'autorità internazionale sulla finanza vaticana e riferita soltanto agli interessi su suolo americano, la chiesa cattolica possedeva negli Stati Uniti 298 milioni di dollari in titoli, 195 milioni in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine, più joint venture con partner Usa per 273 milioni.

Nessuna autorità italiana ha mai avviato un'inchiesta per stabilire il peso economico del Vaticano nel paese che lo ospita. Un potere enorme, diretto e indiretto. Negli ultimi decenni il mondo cattolico ha espugnato la roccaforte tradizionale delle minoranze laiche e liberali italiane, la finanza. Dal tramonto di Enrico Cuccia, il vecchio azionista gran nemico di Sindona, di Calvi e dello Ior, la "finanza bianca" ha conquistato posizioni su posizioni. La definizione è certo generica e comprende personaggi assai distanti tra loro. Ma tutti in relazione stretta con le gerarchie ecclesiastiche, con le associazioni cattoliche e con la prelatura dell'Opus Dei. In un'Italia dove la politica conta ormai meno della finanza, la chiesa cattolica ha più potere e influenza sulle banche di quanta ne avesse ai tempi della Democrazia Cristiana.

[translation]

The Istituto Opere Religiose (IOR) is the Vatican bank. In its coffers 5 billion euros.

Record interest rates for those who hold a current account, impermeability to controls and total secrecy

Scandals, business and mysteries

All the secrets of IOR

By CURZIO MALTESE

The Catholic Church is the only religion endowed with a social doctrine, based on the fight to poverty and the attack to the devilish nature of money, dubbed the "sterco del diavolo" (devil's faeces). The Gospel according to Matthew: "it is easier for a camel to go through the eye of a needle, than for a rich man to enter into the kingdom of God". But it's the only Religion to run its own bank to make business and investments, the Istituto Opere Religiose.

The IOR's head office is a marble case set within the Vatican walls. A four hundred century suggestive tower built during the papacy of Niccolo' V, with nine-meter-thick walls at its base. The entrance is a discreet door, with no writings, initials or symbols.

Only the 24/7 presence of the Swiss guards give a sign of its importance. Inside there is a big computer room, with only a window and a teller machine. Through this "eye of a needle" pass immense and often obscure fortunes. The most prudent estimate is that the total deposits amount to five billion euros. The Vatican bank offers to its current account holders, among whom, as once stated by its President Angelo Aloia, "some people who had problems with justice", interest rates superior to the best hedge funds and one valueless advantage: total secrecy.

More impermeable to controls than the Cayman Islands, more discrete than the Swiss banks, this Vatican Institution is a real heaven (fiscal) in earth. A check book with the IOR name doesn't exist. All deposits and money transfers are made only using cash or gold bars. There is no previous paper trace.

For the last twenty years, since the trial for the scandal of the Banco Abrosiano ended, the IOR is a black hole nobody has the courage to look into. To get over that bank crack, which had ruined tens of thousands families, the Vatican bank only gave $406 million to the loss adjusters: less than one quarter of the due $1,159 million according to then Italian Minister of the Treasury, Beniamino Andreatta. That scandal was accompanied by infinite legends and by a trail of very important people's cadavers. Michele Sindona was poisoned when in jail at Voghera, Roberto Calvi was hanged under the Black Friars' bridge in London, Prosecutor Emilio Alessandrini was killed by a group of terrorists denominated "Prima Linea" , lawyer Giorgio Ambrosoli was killed at the entrance of his home by a mafia man who had just arrived from USA.

That without keeping into account the most disturbing mystery, the death of Pope Luciani only thirty-three days after he was elected, on the eve of his decision meant to remove Paul Marcinkus and the IOR's top echelons. About the end of Giovanni Paolo I some macabre gossips were spread about, helped by the Vatican's reticence.

No autopsy was made to ascertain the alleged and sudden heart attack and the notebook about the IOR the Pope held in his hands before going to bed in his last night was never found. Paul Marcinkus, born in Cicero (Chicago) at a short distance from Al Capone's headquarters, was the protagonist of one of the most clamorous and unexplainable careers of the Church's recent history. Tall and athletic, a good baseball and golf player, he was the man who saved Paolo VI from the assassination attempt in the Philippines. But perhaps that wasn't enough to explain the support of an intellectual like Montini, the author of the most advanced encyclical in the history, the Populorum Progressio, for this American priest with the perennial behavior of a Wall Street adventurer, with his golf sticks in his custom-built cars, the Avana cigar glued to his lips, the stupendous blond secretaries and his P2's poker friends. (Note: P2 was a secret association accused of having organized a coup d'etat in Italy).

With the successor of pope Luciani, Marcinkus found an immediate accord. Karol Wojtyla liked that Eastern European immigrants' son who spoke Polish very well, hated the communists and seemed so sensitive to the Solidarnosc's battles. When the magistrates in Milan issued an order for the arrest of Marcinkus, the Vatican closed itself into a stronghold to protect him and refused any collaboration with the Italian justice, waving his foreign passports and its extraterritoriality.

It took Woytjla ten years to decide to remove one of the main responsible of the Banco Ambrosiano crack from the IOR's Presidency. But he never spent a word of condemnation nor a veiled criticism: Marcinkus was and remains for the Catholic hierarchy "a victim", or better "a naïve victim".

Since 1989, with the arrival to the IOR's Presidency of Angelo Aloia, a gentleman of the "white finance", friend and collaborator of Gianni Bazoli, many things within the IOR are going to change. Some of them don't change either. The role of the IOR's reformer entrusted to the lay Caiola is much vaunted by the Vatican hierarchy in the outside world as much it was impeded inside the Vatican, especially in the first years.

As the same Caloia privately said to his friend and catholic journalist Giancarlo Galli, the author of a fundamental but impossible to find book titled "Finanza Bianca (Mondadori, 2003). " The real IOR's dominus – wrote Galli – remained monsignor Donato De Bonis, who had a relationship with all the powerful people in Rome, be they politicians or business men. Francesco Cossiga (a former President of the Italian Republic) called him affectionately "Donatino", Giulio Andreotti (many times Prime Minister in the past) gave him his utmost esteem. And then aristocrats, financiers, artists like Sofia Loren. The monsignore had the power to give the authorization to open a secret current account at the IOR and that explained why among all those privileged ones there were also those who had to respond to justice.

Sometimes monsignor De Bonis personally accompanied the current account holders with their cash and gold to the caveau, through a staircase, to the top of the tower, "nearer to the sky". The contrast between Caloia and De Bonis, the latter theoretically an underling, were frequent and very harsh. Giancarlo Galli commented: " A golden managerial law says that in case of conflict between a superior and a subordinate, the latter would give up. But being the IOR a very particular institution, when a lay person collides with a tunic bearer, then the latter would prevail".

Caloia's financial glasnot proceeded very quickly, but that didn't impede that the IOR's shade was evocated during all the scandals of the last twenty years. From those connected with the politicians to the massacres of the two best and honest Sicilian prosecutors in 1993 and from the recent illegal attempts to buy banks illegally to the recent Soccer League scandal. But as it appeared, that shade disappeared. Nobody knew or wanted to look beyond the impenetrable walls of the Vatican bank.

The autumn of 1993 was the most cruel season for many of the most important political leaders. Soon afterward the real or fake suicides of businessmen like Gabriele Cagliari and Raul Gardini, in the morning of October 4, a telephone call is made to the President of the IOR by chief prosecutor Francesco Saverio Borrelli: " Dear Professor, there are problems regarding IOR, its contacts with Enimonts…..". The fact is that the biggest share of the "mother of all kickbacks", precisely 108 billion lire in Treasury Bonds, transited through the IOR. The money had been in the current account of an old client, Luigi Bisignani, a member of P2 and journalist, collaborator of the Ferruzzi group and free lance business man, later sentenced to 3 years and 4 months of jail for the Enimont scandal and recently investigated by prosecutor Luigi De Magistris for another scandal, which was dubbed "Why Not".

After Borrelli's telephone call, President Caloia hurried for consultation with monsignor Renato Dardozzi, a fiduciary of Secretary of State Cardinal Agostino Casaroli, " Monsignor Dardozzi – he told Galli - with his "elegant" language said I was in the shit and, to make me understand that, he ordered a camp bed for me so that I could live in the Vatican. I opposed that, answering I would continue to live in the Hassler hotel. However I accepted the advise to consult some law scholars. An answer to Borrelli had in any case to be given !" The answer consisted of a few but final lines: " Any answer could be given only through an international rogatory request".

The magistrates evaluated the rogatory hypothesis. The IOR doesn't own any bank in the Italian territory, it doesn't issue any checks and as "a main institution of the Vatican City" it's protected by the Concordato (the accord made with dictator Mussolini in 1929): any request must be made through the Italian Foreign Ministry. The probability to get a rogatory in these conditions are zero.

In addition to that the effect of an investigation by the judges in Milan would have a devastating effect in the public opinion. The magistrates gave up and pretended to be satisfied from the official explanation: " The IOR couldn't know about the destination of the money".

The second episode, even darker, dates back to the mid-nineties, during the mafia trial to Marcello Dell'Utri. In a video conference from USA, former mafia man Francesco Marino Mannoia revealed that "Licio Gelli had invested Toto Riina's money, the mafia boss of Corleone, in the Vatican bank". " The IOR guaranteed the Corleone mafia investments and discretion". Mannoia's confessions are first rate. He had been the chief of all the heroin refineries activities of Western Sicily, which was the main source of profit for the mafia gangs. He couldn't but know where that money went. In addition to that he advanced an hypothesis. "When the Pope (John Paul II) came to Sicily and excommunicated the mafia men, the bosses were very angry at him because they brought their money to the Vatican. That's the reason why two bombs were made to explode in front of two churches in Rome".

Mannoia wasn't one of secondary importance. According to Giovanni Falcone, the prosecutor subsequently slain by the mafia in Sicily, he was "the most trustworthy of the collaborators of justice", even more precious than former mafia boss Buscetta. Any of his statements found objective proofs. Only in one instance there were no proceedings to ascertain the facts, which is the one about the IOR.

The magistrates of the Dell'Utri's case didn't investigate the IOR because it wasn't strictly related to the accused or former Prime Minister Berlusconi and sent their papers to their colleagues, who were investigating former Prime Minister Andreotti. Prosecutor Scarpinato and the other investigators knew about the experience made by Borrelli and they didn't sign the request for the international rogatory. Someone in the Palace of Justice in Palermo observed: " Didn't we already make enough enemies to go now even against the Vatican?".

On the the IOR dealings a curtain fell for about ten years, until the failed takeover of an important bank by the so called "furbetti del quartierino" ( an expression used to describe the authors of that attempt: "the sly upstarts of an humble neighbourhood"). On July 10 last year the chief of the "furbetti", Giampiero Fiorani, confessed to the investigators when he was in jail: "At the Swiss Bsi there are three current accounts of the Holy See, which amount, I am not exaggerating, to two three billion Euros". Fiorani reported to the Milan prosecutor, Francesco Greco, the list of his "black" money deposited in the Vatican coffers: "The first "black" money I deposited was given to cardinal Castillo Lara (the President of Apsa, the administration of real estate belonging to the church) when I bought the Cassa Lombarda. He asked me thirty billion lires, possibly coming from a foreign current account.

Other deposits followed, many of them, to judge from the lamentation of the same Fiorani when he met cardinal Giovanni Battista Re, the powerful prefect of the congregation of the Italian Bishops and right hand of Cardinal Ruini: " I'm one who always gave you money, always in cash, and everything was OK, but when I fell into disgrace you don't even make a phone call to my wife to know if I'm well or not".

The Vatican soon abandoned Fiorani, but on the other hand defended Antonio Fazio (the former Governor of the Bank of Italy) until he was forced to resign, when he was abandoned by everyone. The two Vatican newspapers Avvenire and Osservatore Romano repeated until the last day the theory of a "political plot" against the Governor. On the other hand, the career of that strange banker who at the meetings of the European Central Bank's Governors never cited Keynes but for at least one hundred times only the Papal encyclicals, can be partly explained by the Vatican support.

He was under the protection of cardinal Camillo Ruini and cardinal Giovanni Battista Re, an intimate friend of Fazio, who had celebrated the Mass for the 25th anniversary of the Governor's wedding with Cristina Maria Rosati.

Obviously the reports by Fiorani weren't used to discover the secrets of the IOR and the Apsa and their singular relationship with the Swiss banks and the fiscal paradises all over the world. It's difficult to explain for example that "pastoral exigencies" dictated the necessity to separate the Cayman Islands from the natural Jamaican diocese of Kingston, putting them "missio sui iuris" under the direct power of the Holy See and under the supervision of Cardinal Adam Joseph Maida, a member of the IOR college.

The fourth and last involvement of IOR in the Italian scandals is almost comic in comparison to the previous ones and is relative to Calciopoli (as it was dubbed the recent match fixing scandal regarding many Italian soccer teams). According to the investigators in Rome, Mr. Palamara and Mr. Palaia, the black funds of Gea, the society of mediation run by Mr. Moggi, one of the principal authors of the scandal, were deposited in the Vatican bank, through the good offices of another trusted Vatican banker with a not very clean past record, Mr. Cesare Geronzi, father of the main stockholder in Gea. It's alleged that in the IOR's caveau there is deposited the personal "little treasure" belonging to Luciano Moggi, esteemed to be in the order of 150 million Euros. As usual, rogatories and controls are impossible. But it's sure Mr. Moggi enjoys a great consideration in the Vatican. The catholic press always defended him and he was always well received in the Cardinal Ruini's court during the pilgrimages to Lourdes. He now even runs a column of "sports and ethics" in the daily on-line newspaper close to Pope Benedict XVI, where the former manager of the Juventus soccer team, arraigned for corruption, is now throwing the first stones against other people's corruption.

With the image of Luciano Moggi, master of catholic moral, we close the last episode of our investigation about the money of the church. The IOR's secrets will remain perhaps for ever buried in the case-tower.

The age of Marcinkus is now in the archives but the opacity encircling the bank of the Holy See is very far from dissolving in transparent waters.

We only know that the coffers and the caveau of the IOR have never been so full and that deposits continue to flow, encouraged from 12% yearly interest rates or even higher. To give precise numbers is, as it was said, impossible. The few ascertained ones are the following. With a per capita income above $ 407,000 the Vatican city is by large the "richest State in the world", can be read in the recent Marina Marinetti's inquest published on Panorama Economy. According to some Fed's estimate in 2002, the outcome of the only inquest by an International authority on the Vatican's finance and limited only to the Usa territory, the catholic church owned in USA $298 million in bonds, $195 million in stocks, $102 million in long term securities, in addition to $ 273 million in joint ventures with Usa partners.

No Italian authority has ever started an investigation to ascertain the economic weight of the Vatican in its host country. An enormous power, direct and indirect. In the last decades the catholic world conquered the traditional stronghold of the lay and liberalist Italian minorities, the financial world. Since the death of financier Enrico Cuccia, the worst enemy of Sindona, Calvi and the IOR, the "white finance" conquered more and more space. The definition is surely generic and it includes people with different background. But all of them maintain a close relationship with the Vatican hierarchies, with the catholic associations and with the prelature of the Opus Dei. In an Italy where politics counts less than finance, the catholic church wields more power in the bank business than in the period in which the country was mainly run by the Christian Democratic party.

(With the collaboration of Carlo Pontesilli and Maurizio Turco)

"Free to roam"

SPOKANE (WA)

THE SPOKESMAN REVIEW

[Includes link to the Spokesman Review's comprehensive coverage of the crisis and bankruptcy in Spokane]

By John Stucke

La Conner, Wash. -- In this idyllic town nestled near the Puget Sound and surrounded by tulip fields, residents of the Shelter Bay neighborhood are in an uproar: They have inherited a Spokane problem that has left them in disbelief.

Patrick G. O'Donnell, a former priest in the Spokane Catholic Diocese and notorious pedophile who has admitted to molesting dozens of teenage boys over three decades, has lived quietly among them for the past four years.

Now 65, O'Donnell smiles and says hello to the children playing in front yards or walking along the street and lives in a house with pleasant views of a community park and playground.

 
 

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